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Gemini 2.5 Flash |
circa ventisei anni, cappello floscio con una
cordicella al posto del nastro, collo troppo lungo,
come se glielo avessero tirato. La gente
scende. Il tizio in questione si arrabbia con un
vicino. Gli rimprovera di spingerlo ogni volta che
passa qualcuno. Tono lamentoso, con pretese
di cattiveria. Non appena vede un posto libero,
vi si butta. Due ore piú tardi lo incontro alla Cour
de Rome, davanti alla Gare Saint-Lazare. È con
un amico che gli dice: «Dovresti far mettere un
bottone in piú al soprabito». Gli fa vedere dove
(alla sciancratura) e perché.
Gemini: Certo, ecco il testo rielaborato nello stile di Jorge Luis Borges:
Della S, e di certe singolarità del tempo e degli uomini
Sulla linea S, in quell'ora in cui le rotte del destino e i percorsi del ferro si incrociano, confluivano le moltitudini. Tra esse, un giovane, forse di ventisei anni, emergeva come una cifra in un antico manoscritto. Il suo cappello floscio, orlato non da un nastro ma da una sottile cordicella, quasi un simbolo di povertà eletta o di un'estetica negletta, incorniciava un collo di sproporzionata lunghezza, come se un invisibile carnefice avesse, con lenta e costante trazione, cercato di disgiungere l'anima dal suo involucro terreno.
Mentre il veicolo si svuotava, rivelando spiragli di un altrove, il giovane si volse con irata veemenza a un vicino. La sua lamentela, intrisa di una pretesa malignità che suonava tuttavia come una modulazione di sorda sfortuna, verteva sull'eterno, infinitesimale urto del prossimo. Gli rimproverava, con voce che forse ambiva al tuono ma si risolveva in pioggia fine, la reiterata invasione del suo spazio, ogni qual volta un'ombra o un corpo osava attraversare il loro comune e precario dominio. Eppure, in un istante che fu e non fu, non appena un varco si aprì nell'umano tessuto, egli vi si proiettò con la ferocia di un predatore o la disperazione di un naufrago.
Due ore, o forse due secoli, dopo, il caso, o una delle innumerevoli coincidenze che tessono la trama del cosmo, mi ricondusse alla sua presenza. Accadde alla Cour de Rome, un toponimo che già di per sé evoca labirinti e imperi, dinanzi alla monumentale facciata della Gare Saint-Lazare. Non era solo. Un amico, o forse un complice di quel destino che ci accomuna e ci disperde, gli offriva un consiglio, una di quelle minime, enigmatiche istruzioni che talvolta rivelano le architetture nascoste del mondo. «Dovresti», gli disse, «far applicare un bottone in più al soprabito». E, con un gesto preciso che era insieme indicazione e sentenza, gli additò il punto esatto – la sciancratura – e il recondito perché, come se in un solo bottone fosse racchiusa la geometria di un'esistenza o la soluzione di un enigma insolubile.