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martedì 9 settembre 2025

Chronica de temporibus perturbatis

ChatGPT 5 alla prova di un breve racconto storico, solidamente ancorato ai fatti documentati e al dibattito politico-teologico del suo tempo. Nel prompt ho dato solo le coordinate principali e ho lasciato tutto il resto alla IA che ha completato il quadro in modo impeccabile.

Il racconto è arricchito da uno pseudo-documento che imita le cronache medievali.


Io: ChatGPT, scrivi un racconto, nello stile de “Il nome della rosa” di Umberto Eco, in cui nel 1327, ad Avignone, il papa Giovanni XXII, il generale dei francescani Michele da Cesena e Guglielmo da Ockham discutono della opportunità o meno di dare l’appoggio del papato alle pretese di Ludovico il Bavaro sul Sacro Romano impero.


ChatGPT ha detto:

Ecco un racconto nello stile di Eco ne Il nome della rosa: ricco di dialoghi teologici e politici, con un’attenzione ai dettagli storici e alla tensione intellettuale

Avignone, inverno del 1327

La residenza papale si ergeva come una fortezza, più che come un santuario, con le mura illuminate dal riverbero dei fuochi che ardevano lungo il Rodano. Il vento portava con sé l’odore acre della legna bruciata, e nel silenzio della sera, i corridoi della Curia sembravano custodire segreti più antichi della città stessa.

In una sala dalle volte gotiche, il papa Giovanni XXII era seduto su una cattedra di legno massiccio, ornata da intagli che rappresentavano i simboli della potenza pontificia. Dinanzi a lui, in atteggiamento deferente ma non remissivo, stava Michele da Cesena, generale dei Frati Minori, il volto severo e scavato dall’ascesi. Poco distante, quasi in disparte ma con lo sguardo attento e penetrante, si trovava Guglielmo da Ockham, già sospettato di eresia, ma invitato a presenziare per la sua acutezza logica e il suo coraggio dialettico.

Giovanni XXII (alzando la voce, con un tono che mescolava autorità e stanchezza):
«Ludovico, detto il Bavaro, pretende la Corona di Ferro e con essa il diritto imperiale. Ma io vi dico, frati, che senza il consenso della Sede Apostolica nessun uomo può proclamarsi imperatore dei Romani. Questo fu stabilito dai miei predecessori, e questo resterà. Egli dunque è un usurpatore.»

Michele da Cesena (con tono fermo, ma rispettoso):
«Santità, non ignoro le prerogative del Vicario di Cristo, ma permettetemi di osservare che i fedeli sono turbati. Se Ludovico siede sul trono imperiale e governa con giustizia, egli non può essere rigettato come figlio della Chiesa. Voi sapete che il popolo geme sotto il peso di guerre e di tasse. Egli offre loro protezione, laddove Avignone appare distante.»

Il papa strinse le labbra, tamburellando con le dita sul bracciolo della cattedra.

Giovanni XXII:
«Protezione? O tirannide mascherata? Non vedete, frate Michele, che dietro i proclami di Ludovico vi è la pretesa di ridurre il potere spirituale all’obbedienza del secolare? Egli desidera che Pietro chini il capo a Cesare. E questo è inammissibile.»

Fu allora che Ockham, che fino a quel momento aveva osservato in silenzio, prese la parola. La sua voce era calma, ma il suo sguardo ardeva come brace.

Ockham:
«Santità, vi è qui una questione più sottile. Se è vero che ogni autorità deriva da Dio, non è forse vero che Dio stesso concede il potere ai re e agli imperatori, senza bisogno che un altro uomo — fosse pure il papa — debba ratificarlo? Io non dico che l’impero debba dominare sulla Chiesa, ma nemmeno che la Chiesa debba incatenare l’impero.»

Giovanni XXII (irritato, ma incuriosito):
«Parlate di catene, frate inglese. Io vi dico che senza l’autorità spirituale, l’impero scivola nell’anarchia, e allora i popoli si lacerano a vicenda. Il trono imperiale, privo della benedizione di Roma, è come un corpo senz’anima.»

Ockham (accennando un sorriso ironico):
«O come un corpo che respira da sé, senza che altri debba soffiare in esso l’alito vitale. Santità, se mi permettete un sillogismo: se Dio è onnipotente, e se Dio concede il potere a chi Egli vuole, allora l’autorità imperiale è valida
ipso facto, senza ulteriore mediazione. Negarlo, sarebbe limitare l’onnipotenza divina.»

Un silenzio pesò nella sala. Michele da Cesena fissò Ockham con uno sguardo a metà tra ammirazione e timore.

Michele da Cesena:
«Forse la verità sta nel mezzo, Santità. La Chiesa non deve piegarsi all’impero, né l’impero calpestare la Chiesa. Ma se la Curia di Avignone si ostina a negare ogni legittimità a Ludovico, allora temo che le città d’Italia si ribelleranno, e molti — anche tra i frati — vedranno nell’imperatore un difensore, piuttosto che un nemico.»

Giovanni XXII socchiuse gli occhi, come chi misura la profondità di un abisso. Poi si alzò lentamente, facendo scricchiolare la sedia.

Giovanni XXII:
«Voi portate ragioni, frate Michele, e voi, frate Guglielmo, portate sottigliezze. Ma io vi dico: la Chiesa non può piegarsi. Ludovico sarà scomunicato, e chi lo sostiene rischierà la stessa sorte. Che il mondo intero sappia: l’impero senza il papa è un gigante di argilla.»

Uscì dalla sala, lasciando dietro di sé il fruscio delle vesti e il peso di una decisione che avrebbe incendiato l’Europa.

Michele da Cesena rimase immobile, il volto ombroso. Ockham, invece, si chinò verso di lui e mormorò:
«Allora non resta che scegliere se restare in Avignone come prigionieri… o fuggire come uomini liberi.»

Un lampo attraversò la stanza, riflesso di un fuoco che bruciava lontano, ma che presto avrebbe incendiato Roma, l’Italia e l’impero.

*****


Io: Prosegui con una sintesi narrativa degli eventi storici che avranno luogo nei tre anni a seguire.



ChatGPT ha detto:

Eccoti una sintesi narrativa, nello stesso stile cronachistico-epico che potrebbe introdurre o accompagnare una campagna di gioco di ruolo.


1327–1330: Tre anni di fuoco e di scismi

Dopo l’inverno del 1327, le tensioni tra il papato di Avignone e Ludovico il Bavaro esplodono come una tempesta già da tempo nell’aria.

1327, l’estate.
Ludovico scende in Italia con l’appoggio dei ghibellini, deciso a farsi incoronare imperatore senza attendere la benedizione di Giovanni XXII. Le città lombarde si schierano: Milano lo accoglie, mentre i guelfi fiorentini e i fedeli del papa levano eserciti.

1328, gennaio.
A Roma, Ludovico si fa incoronare con la Corona di Ferro a Monza e poi imperatore sul Campidoglio, non dal papa, ma da Sciarra Colonna, capo dei ghibellini romani. È un atto inaudito: l’impero si proclama indipendente dall’autorità spirituale. Giovanni XXII reagisce con la scomunica.

1328, primavera.
Ludovico tenta di deporre Giovanni XXII, accusandolo di eresia e di simonia. Fa eleggere un antipapa: Pietro da Corbara, francescano spirituale, che prende il nome di Niccolò V. È un colpo durissimo per la Chiesa di Avignone, ma l’autorità di questo nuovo pontefice resta fragile, e la sua voce si leva soprattutto tra gli spirituali francescani e i ghibellini.

1329.
Le fortune di Ludovico iniziano a declinare. Le città italiane, divise e sospettose, non mantengono la fedeltà a lungo. Firenze e i guelfi rafforzano le loro leghe, mentre i ghibellini stessi litigano tra loro. A Roma il popolo si stanca presto delle promesse mancate.

1330.
Ludovico è costretto a lasciare l’Italia. Pietro da Corbara, l’antipapa, viene catturato e condotto ad Avignone, dove abbandona le sue pretese e riceve il perdono. Michele da Cesena e Guglielmo da Ockham, ormai fuggiaschi, trovano rifugio proprio presso Ludovico il Bavaro, diventando la voce più radicale contro l’autorità papale.

Tre anni che mutano il volto della cristianità: il papato rafforza il suo dominio in Avignone, ma a prezzo di una frattura insanabile con una parte del francescanesimo e con l’impero. I frati spirituali si diffondono come fermento eretico in Italia e in Germania, e la contesa tra potere secolare e potere spirituale diventa più aspra che mai.

*****


Vuoi che trasformi questa sintesi in una cronaca “in universo”, come se fosse scritta da un monaco del XIV secolo che narra gli eventi per i posteri (con giudizi, interpretazioni e un tono medievale)?

Hai detto:

Sì, trasforma la sintesi in una “cronaca” scritta da un monaco del XIV secolo. Aggiungi un corredo di glosse a margine, come se un copista successivo avesse aggiunto note e commenti al manoscritto originale.


ChatGPT ha detto:

Ecco la tua sintesi riscritta come se fosse una cronaca del XIV secolo, con tono e lessico da annalista monastico. La cronaca è dotata di glosse marginali, come se un copista o un lettore del XV secolo avesse annotato a lato del manoscritto. Le glosse sono in corsivo e in tono marginale, a volte critico, a volte devoto, nello stile dei codici medievali.




Chronica de temporibus perturbatis

In nomine Domini. Anno Domini MCCCXXVII, nel tempo del sommo pontefice Giovanni XXII, si levò grande discordia tra la Santa Chiesa e Ludovico, detto il Bavaro, eletto dai principi di Germania re de’ Romani.
— Qui comincia lo scisma tra impero e Chiesa. Grave è che i principi si arrogassero tanto potere.

Anno Domini MCCCXXVII.
Nel tempo d’estate, Ludovico discese in Italia con gran seguito di tedeschi e di lombardi, e molte città ghibelline gli si dettero, mentre i guelfi di Toscana e i fedeli del Papa gli si opponevano. Grande fu la confusione delle genti e le milizie scorrevano le campagne come tempesta.
— Nota: i lombardi sempre inclini al tradimento, secondo le cronache di Milano.

Anno Domini MCCCXXVIII.
Nel mese di gennaio, Ludovico entrò in Monza, ove prese la Corona Ferrea, reliquia antichissima dei re longobardi. Indi mosse verso Roma, e ivi, sul Campidoglio, si fece incoronare imperatore da Sciarra Colonna e da uomini di parte ghibellina. Ma perché ciò fu fatto senza la benedizione di Pietro, il papa Giovanni lo fulminò con la scomunica.
— La Corona Ferrea si dice contenere un chiodo della Croce: sacrilegio fu porla su capo di scomunicato.

E non pago, Ludovico tentò di deporre Giovanni, dicendo ch’era simoniaco ed eretico. Perciò mise in cattedra un frate minore, Pietro da Corbara, che prese nome di Niccolò V. Questo antipapa regnò breve tempo, ché pochi gli prestavano ubbidienza.
— Qui apparve la divisione tra frati minori: alcuni fedeli al Papa, altri agli spirituali.
— Pietro da Corbara, uomo di grande fervore ma poca prudenza.

Anno Domini MCCCXXIX.
Le fortune dell’imperatore vennero meno, ché le città d’Italia, volubili e superbie, non gli furono stabili nell’obbedienza. E la moltitudine di Roma, che l’avea accolto con festa, presto s’adirò per mancanza di pace e di pane.
— Roma muta umore come mare agitato: accoglie e respinge nello stesso giorno.

Anno Domini MCCCXXX.
Ludovico, deluso e stanco, si ritrasse dalla città e dall’Italia tutta. Pietro da Corbara cadde in mano del Papa, e, penitente, depose il titolo usurpato. Michele da Cesena, generale dei frati minori, e Guglielmo d’Occam, gran filosofo e sottile, fuggirono verso Ludovico, dove si fecero suoi consiglieri e difensori contro la Curia d’Avignone.
— Ockham, inglese: alcuni dicono eretico, altri sapientissimo. Il suo “rasoio” è arma pericolosa.
— Michele da Cesena osò resistere al Papa sul tema della povertà: causa di gran discordia tra i frati.

E così, in quegli anni, il mondo cristiano fu sconvolto: ché molti frati spirituali presero a predicare contro la ricchezza della Chiesa, e l’odio tra impero e papato si fece acerrimo più che mai.
— Questo fu principio di molte eresie, e del seme che più tardi germinò in scismi peggiori.

Et haec scripsi, frater Matthaeus de Valle, ut posteri sappiano come l’orgoglio degli uomini mise discordia tra la tiara e la corona, e quante anime furono turbate in quei giorni.
— Deo gratias quod nos servavit a tanto scandalo.